Fauna

La zona Pizzo-Li Foggi ospitava e, nonostante i problemi di degrado accennati, ospita ancora, una popolazione animale molto ricca ed interessante, come del resto tutto il Salento che, per la sua posizione geografica, si pone come un ponte tra Oriente ed Occidente mostrando molte affinità floro-faunistiche con l’area balcanica.

Un ambiente estremamente importante è la zona dunare e retrodunare, un tempo molto più estesa, ma oggi soggetta a forte erosione sia per la pressione antropica, sia per la costruzione della strada litoranea tra il primo ed il secondo cordone dunare. In questo ambiente è presente una ricca fauna di invertebrati molto adattati a questo ambiente peculiare, caratterizzato da forte insolazione, alta salinità ed aridità. Ricordiamo il formicaleone (Myrmeleon formicarius), un neurottero la cui larva scava caratteristiche buche sulla spiaggia, dove attende le prede che stordisce con lanci di sabbia, alcuni scarabeidi coprofagi (Scarabeus pius), geotrupidi, cicindele.

Particolare importanza, tra la coleotterofauna di quest’area, come di tutta la Puglia in genere, riveste il gruppo dei Tenebrionidi, le cui popolazioni pugliesi mostrano notevole affinità con le popolazioni della Dalmazia e Grecia occidentale, dal momento che nella nostra regione trovano clima e vegetazione molto simili. Studi fatti su questo gruppo hanno rivelato che più del 50% delle specie censite in Puglia sono legate all’ambiente di duna e retroduna e 12 di queste sono strettamente psammofile. Per l’area del Pizzo possiamo citare Pimelia rugulosa, Xanthomus pallidus (specie estremamente rarefatta ma un tempo sicuramente presente nella zona di Gallipoli): queste ed altre specie di questa famiglia andrebbero ricercate e studiate meglio, in quanto rivestono un notevole interesse biogeografico.

I Tenebrionidi come altri gruppi animali, contribuivano senz’altro in passato alla notevole eterogeneità faunistica prima accennata: negli ultimi anni, purtroppo, abbiamo assistito ad una progressiva diminuzione di questa eterogeneità, attribuibile al degrado cui è sottoposto l’ambiente durante, al turismo di massa, accumulo di sporcizia, costruzioni, strade che hanno determinato una profonda rarefazione delle popolazioni ed una loro canalizzazione a cominciare dai Tenebrionidi, gruppo molto rappresentativo, in quanto caratterizzano l’ecosistema dunare in tutta la regione mediterranea e che sono strettamente legati alla vegetazione psammofila ed alopsammofila in quanto quasi tutti fitosaprofagi o polisaprofagi.

Anche la zona di macchia e gariga ospita una ricca fauna invertebrata che subisce allo stesso modo la pressione antropica, l’inquinamento da uso irrazionale ed eccessivo dei pesticidi, la rarefazione degli ambienti naturali. Si può citare a titolo di esempio il Carabide Masoreus aegyptiacus, censito una ventina di anni fa nella zona di Gallipoli, la cui presenza andrebbe riconfermata, ma anche una entomofauna forse più banale ma estremamente varia (Scarabeidi floricoli, Imenotteri, Lepidotteri) che contribuisce enormemente all’equilibrio biologico di quest’area.

La fauna vertebrata è rappresentata dal tasso (Meles meles), grosso Mustelide notturno che occupa una posizione opportunistica nella catena alimentare, dalla volpe purtroppo in forte diminuzione, dal riccio europeo (Erinaceus europaeus), insettivoro notturno che si nutre di insetti, vermi, lombrichi, ma anche ranocchie e lucertole.

Molto interessante è anche la fauna erpetologica dell’area. Nelle zone di macchia è frequente incontrare il Biacco (Coluber viridiflavus), presente nel Salento con la varietà carbonarius (melanica), così come il geco comune (Tarentola mauritanica) che vive sugli alberi e nei muri a secco dove di frequente abita la parte superiore. Convive con la lucertola comune (Podarcis sicula) e con altri due Geconidi meno frequenti, il geco verrucoso (Hemidactylusturcicus) dalla abitudini più notturne e che predilige microhabitat più umidi ed il geco di Kotschyi (Cyrtodactylus kotschyi) specie di probabile origine mediorientale, che vive su muri diroccati, muretti a secco dove occupa di norma la parte mediana, dalla abitudini più diurne.

La zona paludosa de Li Foggi, oggi purtroppo molto ridotta rispetto alla originaria estensione, rappresenta l’habitat di una grande varietà di organismi ed anche qui troviamo una cospicua presenza di Rettili ed Anfibi. Tra i primi va ricordato senz’altro il Colubro leopardino (Elaphe situla), anch’esso facente parte delle specie “egeiche” che a partire dal Terziario si spostarono dai Balcani e dall’Egeo verso il Sud Italia, acclimatandosi: esso oggi è presente solo in Sicilia e nel sud della Puglia, dove abita in zone soleggiate preferibilmente vicine all’acqua, anche se è possibile trovarlo nei coltivi e nei giardini.

Da ricordare anche la presenza del Cervone (Elaphe quatorlineata), grosso serpente costrittore (il più grosso della fauna europea) che svolge un fondamentale ruolo predatorio nei confronti di molti roditori, il Ramarro (Lacerta viridis), ottimo corridore e nuotatore, la testuggine d’acqua (Emys orbicularis) purtroppo in forte diminuzione. Frequentissima è la biscia (Natrix natrix), principale predatore delle comunità acquatiche, dove caccia attivamente rane (Rana esculenta), rospi comuni (Bufo bufo) e rospi smeraldini (Bufo viridis).

Anche per ciò che riguarda il contingente ornitico i dati confermano che l’area rappresenta (sono state osservate ben 177 specie ) un “paradiso degli uccelli”, importantissimo e insostituibile sito di sosta su una rotta migratoria fondamentale.

Indicatore dell’estrema validità del sito e segnale della sua relativa integrità è il grande numero di specie di strigiformi e falconiformi osservate, alcune presenti stabilmente nell’area (civette, gufi comuni, barbagianni, albanelle reali e minori, falchi di palude, poiane e, di passaggio, falchi cuculi, pecchiaioli e lodolai) e la presenza anche invernale del raro strigiforme gufo di palude.

Notevoli sono tra gli altri gli splendidi gruccioni, ghiandaie marine, l martin pescatori e le upupe, mentre straordinario interesse scientifico riveste l’ormai celebre Gabbiano corso, ormai stabilmente nidificante all’Isola di S. Andrea.

Da questa breve analisi, appare chiaro come la zona Pizzo-Li Foggi sia una zona di fondamentale importanza per la sua ricchezza ambientale e floro-faunistica, che anche se degradata in parte, rappresenta un patrimonio importantissimo per la conservazione di numerose specie animali e vegetali. Probabilmente recuperare completamente tale zona come era in passato non è più possibile, ma certamente non è tardi per pensare ad un radicale intervento di recupero ambientale, permettendo la sopravvivenza di un ecosistema complesso come questo. E’ sicuramente necessario svincolarsi da una visione frammentaria del problema, in quanto i vari ambienti fanno parte di un ecosistema continuo, che potrà essere validamente protetto solo con un intervento globale e non guidato solamente dalle emergenze floro-faunistiche.

I vincoli
Per tutti questi motivi e grazie agli studi condotti dalla Società Botanica Italiana, dall’Università di Lecce e da quella di Bari, dalla Regione Puglia e dalla Provincia di Lecce, l’intera area del Litorale di Punta Pizzo, comprendente le aree umide subcostiere, e l’Isola di S. Andrea fanno parte ufficialmente parte dal 1999 della Rete Ecologica Europea a tutela degli habitat Progetto “BioItaly-Natura 2000” (Dir. 92/43 CEE “Habitat” e Dir. 79/409 CEE “Uccelli” recepite dalla normativa italiana con provvedimenti rispettivamente del 1997 e del 1991) col Codice IT9150015. Questo impone già da ora vincoli severissimi sulle modificazioni del territorio!

Essa rientra ovviamente tra quelle individuate, con 6 anni di ritardo, dalla L.R. 19/97 come Aree Protette Regionali (vai a http://parchi.regione.puglia.it/natura2000/default.htm ), cui lo studio commissionato dalla Provincia all’Università di Lecce, alla “Bocconi” di Milano ed ad un Pool di valenti tecnici locali ha attribuito una perimetrazione di massima di quasi 2500 ha.

L’intera area è poi sottoposta, giova rammentarlo, a vincolo paesaggistico (l. 1497/39) con un Decreto del Ministro dei Beni Culturali dai primi anni ‘80, e in parte soggetti anche a vincolo idrogeologico (R.D. n° 3267/23) e a quello della Legge n° 431/85 cd. Galasso.

Dal punto di vista urbanistico, lo strumento attualmente in vigore ( il nuovo P.R.G., enormemente sovradimensionato, attende ancora il vaglio degli organi regionali) prevede aree agricole e limitati interventi turistici all’aria aperta (campeggi), peraltro già stralciati dagli strumenti regionali.

Si ringraziano per i contributi Roberto Gennaio, Luciano Scarpina, Rino Conte

Per maggiori informazioni visita la pagina: https://www.minambiente.it/pagina/rete-natura-2000 .